
La designer veneziana Francesca Torsello intervista cinque maestri vetrai sulla Murano di oggi e del futuro. Un progetto in occasione di Homo Faber in Città e The Venice Glass Week
Il progetto +Fragile, creato in occasione di The Venice Glass Week e di Homo Faber in Città, vuole rendere protagonista l’uomo artigiano.
Francesca Torsello dialoga con i maestri Luciano Gambaro, Roberto Beltrami, Gabriel Urban, Nicola Moretti e Davide Salvadore su quella che è oggi Murano e quella che potrebbe essere la murano di domani.
Gambaro & Tagliapietrra
Luciano Gambaro di Gambaro & Tagliapietra sottolinea l’importanza del fattore umano nel lavoro artigianale. Murano ha un futuro, ma per sopravvivere è essenziale investire in innovazione mantenendo la grande tradizione del vetro.
Francesca: Cosa significa lavorare il vetro di Murano oggi?
Luciano: Partiamo da una considerazione: la maggior parte di noi non svolge un lavoro, ma porta avanti una tradizione e una grande passione. Generazioni di maestri o imprenditori che portano avanti una tradizione e una cultura secolare. Quindi, in molti di noi c’è un amore che talvolta può essere un ostacolo o un problema dal punto di vista imprenditoriale poiché ci fa essere poco razionali.
Detto questo, io penso che fare questo lavoro significa essere all’antitesi di quello che oggi è sulla bocca di tutti e che porta il nome di Intelligenza Artificiale. Nel nostro lavoro il fattore umano è, e rimarrà sempre, preponderante e nessuna macchina e nessun software potrà sostituirlo. Nonostante le note problematiche, io penso Murano abbia un futuro l’importante, e che noi e le prossime generazioni dovremo investire in innovazione e progettualità partendo naturalmente da quella che è la grande tradizione del vetro artistico di Murano.
Francesca: Quali sono i limiti che ostacolano voi artigiani?
I limiti sono molteplici ad iniziare dal fatto che svolgiamo la nostra attività in un’isola della Laguna di Venezia. Da uno studio fatto nel 2015 dalla Camera di Commercio si evinceva come avere un’attività a Murano o un in un’isola della laguna veneta, piuttosto che in terraferma, significava sobbarcarsi almeno un 40% in più di costi di produzione. Già questo è un ostacolo non indifferente. Se poi aggiungiamo il fatto che necessitiamo di grandi quantità di gas, di manodopera specializzata, di un ricambio generazionale, di una sempre maggiore attenzione verso gli aspetti ambientali, ecc.
Tutto questo ti può far capire come svolgere la nostra attività sia molto problematico. Per questo ad esempio rivendichiamo da anni la tutela e la protezione del prodotto prodotto e quindi contestualmente della filiera produttiva. Va tutelata l’origine del prodotto per preservare il sistema produttivo.
Francesca: Come ti immagini una Murano del futuro?
Io ho una visione ben chiara e netta di quello che può essere Murano nel futuro. Un sistema produttivo frazionato si, ma con molte piccole fabbriche qualificate con maestri sempre più protesi verso prodotti di alta qualità dove sicuramente mancherà o verrà meno il prodotto seriale a discapito di un ben più prezioso e apprezzato Lavoro custom made di un prodotto unico ed esclusivo. Finita l’era delle grandi fabbriche delle grandi produzioni il vetro di Murano, ci si concentrerà molto di più su quella che in realtà è la sua vera anima, la sua vera identità: essere un prodotto di alta gamma prezioso per chi ha grandi capacità di spesa. Per questo a mio parere serve da parte nostra un grande sforzo verso il cambiamento e l’innovazione sia del prodotto che dell’immagine stessa. Sicuramente non sarà facile ma con volontà e buone idee ci possiamo riuscire.
Wave Murano Glass
Roberto Beltrami, fondatore di WAVE Murano Glass, mette in luce la necessità di mantenere un equilibrio tra tradizione e innovazione. La sua sfida maggiore è formare una nuova generazione di vetrai, un processo lento e impegnativo, ma cruciale per il futuro dell’isola.
Francesca: Cosa significa lavorare il vetro di Murano oggi?
Roberto: Lavorare il vetro a Murano oggi significa camminare in maniera molto attenta sulla linea fra essere eredi di una grandissima tradizione, ma allo stesso tempo riuscire ad avere un occhio verso il futuro e a non fossilizzarsi sugli usi e costumi della tradizione, ma innovare sempre tenendo comunque le proprie radici nella tradizione dell’arte del vetro muranese.
Questo perché purtroppo il mondo è cambiato, mentre la tradizione chiaramente è rimasta uguale e, purtroppo, la tradizione così com’è non può sopravvivere come modello economico di artigianato a Murano oggi. Pertanto bisogna cambiare ma tenere strette le proprie radici.
Francesca: Quali sono i limiti che ostacolano voi artigiani?
I limiti sono chiaramente tecnici e economici sono comunque collegati, sarebbe bello avere capitali immensi per fare grandi investimenti, però la prima risorsa fondamentale delle aziende di qualunque settore è il capitale umano. E purtroppo, per quanto noi come realtà Wave Murano Glass stiamo formando, la nostra missione è anche quella di formare una nuova generazione di vetrai che sanno vivere e lavorare nel mondo moderno, come dicevamo prima – aggrappati saldamente alle nostre tradizioni del vetro di Murano. Il limite più che altro è il tempo che ci vuole per formare questa nuova generazione. Questo è il più grande limite, riuscire a formare velocemente più persone possibili, perché ormai non esiste più ricambio generazionale, e quindi abbiamo dovuto iniziare a farlo internamente partendo da zero e un po’ di persone stanno crescendo, stanno imparando, ma ci vorranno ancora diversi anni perché siano a livello da poter a loro volta insegnare e quindi rendere questo processo più veloce, più veloce anche a livello esponenziale. Poi, chiaramente, bisogna anche trovare il modo per sostenere il lavoro di questi artigiani che stiamo formando. Quindi, continuare a investire nella parte commerciale per far conoscere il brand, tenendo un livello di qualità alto, un servizio eccellente e fare tutte queste cose. I limiti sono le difficoltà che si trovano ad avere un’azienda nel mondo moderno di oggi, specialmente in Italia, e la formazione del personale in un mestiere artigianale dove non esistono scuole, esiste soltanto la lungimiranza di chi vuole insegnare questo mestiere in maniera più efficace possibile. Non esiste giusto o sbagliato nell’insegnamento, esiste solo più efficace e meno efficace.
Francesca: Come ti immagini una Murano del futuro?
Ecco, forse la risposta alla terza domanda è proprio il superare i limiti della domanda numero due, e quindi continuare a crescere come realtà per supportare sempre di più quello che a me piace chiamare un rinascimento del vetro di Murano, che stiamo cercando di portare sull’isola con la nostra realtà.
Moleria Miki Glass
Gabriel Urban della Moleria Miki Glass parla di come il vetro di Murano sia diventato una passione per chi lo lavora oggi, a differenza del passato, quando era più una necessità economica. Immagina una Murano più libera e piena di artisti, una sorta di “mecca” per coloro che cercano qualcosa di unico.
Francesca: Cosa significa lavorare il vetro di Murano oggi?
Gabriel: Al giorno d’oggi, lavorare il vetro di Murano è un’arte, è una passione, a differenza degli anni passati, con il boom del vetro di Murano, in cui ovviamente a Murano si andava a lavorare nelle fornaci più per necessità che per passione. Quindi diciamo che ormai è un lavoro che si è trasformato in una passione vera e propria. Ovviamente ci sono ancora le persone che avevano cominciato per necessità, che stanno finendo il loro ciclo lavorativo. Proprio per questo, ora chi decide di fare questo lavoro credo la faccia più per un richiamo artistico che una necessità economica.
Francesca: Quali sono i limiti che ostacolano voi artigiani?
Se parliamo di aspetti tecnici e economici, nel caso di un settore come il nostro – postproduzione del vetro mediante moleria – un problema grande è lo smaltimento di tutti i materiali per la produzione, per non parlare dell’impatto ecologico. Un altro ostacolo sono le persone/colleghi nell’isola. Parliamo del tema dell’abbassamento dei prezzi per concorrenza. La maggioranza degli artigiani e venditori cercano di guadagnarsi il primato abbassando il prezzo di un vetro di Murano. Questo comporta una reazione a catena nell’abbassamento della qualità dei prodotti.
Francesca: Come ti immagini una Murano del futuro?
In un futuro immagino una Murano molto più libera e piena di artisti. Ecco, mi immagino una realtà spirituale. Il custom e l’unicità sono sempre più in voga nel mondo del lusso. La lavorazione del vetro di Murano per me è arte. Maestri vetrai che riescono a dar forma a del vetro fuso e creare delle sculture meravigliose. Secondo me, questo lavoro potrebbe trasformare Murano in una mecca, in una meta per persone che cercano veramente un qualcosa di diverso, un qualcosa di nuovo e non più i soliti vasetti, acquari etc. Lavorando in fornace, io respiro un’energia spirituale. Spero e credo che Murano diventi sede e fonte di energia per tante persone e anche per tanti artisti che vedono il vetro come uno sfociare dai limiti del normale e andare sul surreale, creando opere veramente mai viste. Mi immagino veramente un bel futuro per Murano, creando posti di lavoro diversi e creando fornaci con produzioni diverse. Probabilmente diminuirà ancora il numero di fornaci nell’isola, ma quelle poche che resisteranno creeranno pochi pezzi l’anno ma significativi e con forte impatto a livello mondiale.
Nicola Moretti
Nicola Moretti, da sempre sperimentatore, racconta di come abbia abbandonato la produzione seriale per concentrarsi su pezzi unici e lavorazioni custom. La sua visione del futuro di Murano è legata alla qualità e alla sperimentazione, portando avanti tradizioni di famiglia e innovazione tecnologica.
Francesca: Cosa significa lavorare il vetro di Murano oggi?
Nicola: Normalmente da Muranesi ci si adagia su delle produzioni e quindi ci sono delle fabbriche che continuano tutta la vita a fare sempre la stessa minestra e vanno avanti così. Io invece ho fatto sempre il contrario. Io ho sempre tanto sperimentato. Infatti, tanti conoscenti, amici, quando hanno qualcosina, qualche problema, capitano tutti quanti qua a chiedere qualcosa. Io, ad esempio, adesso sto facendo una cosa con una start-up qua a Murano e la start-up ha brevettato un sistema di stampa 3D in vetro. Stiamo facendo un lavoro da anni sul riciclo del vetro e quindi sul riciclo dei materiali, ma anche il vetro per serramenti per dire. Quindi abbiamo fatto tante cose interessanti, belle, anche con soddisfazione. È una cosa che non è mai stata fatta. E quindi personalmente io ho sempre tanto sperimentato, è anche la parte più divertente del lavoro. E se mi chiedi “ti è convenuto?” La risposta è no, avrei guadagnato di più facendo scarpe, ma non avrei fatto tutte le cose che mi hanno dato soddisfazione.
Francesca: Ma pensi che portando questa innovazione tecnologica sul territorio di Murano, il mercato lo possa capire, comprendere come made in murano?
No, questo non lo so. I lavori che ho fatto più atipici, li ho condotti con l’esperienza di tanti anni, però secondo me potrebbe essere fatto anche da un’altra parte. L’abbiamo fatto noi, però non è Murano ecco, è un’altra cosa. Il materiale che abbiamo brevettato con Matteo Silverio non è percepito come vetro, però se e funziona e va in porto diventa una cosa bellissima. Enorme.
Come vedi la Murano di domani?
Si è mosso un sacco di lavoro. Da anni abbiamo eliminato la produzione seriale. Ci facciamo delle piccole serie di bicchieri che vendiamo a siti internet o a qualche negozio in Venezia. Però io non faccio serie che vendo a negozi e faccio una produzione già prestabilita, lavoro prevalentemente con architetti e designer e faccio pezzi unici. In questi ultimi anni mi sto occupando di lavori nel mondo del lusso, proprio perché il custom è sinonimo di lusso. Sto facendo delle belle cose interessanti, possono essere lampadari, Tavoli, pareti e quindi la mia è una lavorazione molto varia e in più incrocio varie tecniche. Quindi io, dalla fornace, posso prepararmi degli oggetti, delle murine, delle cose che poi possono essere usate per tanti altri tipi di lavorazione. Siamo atipici, per essere di Murano. Siamo in pochi a lavorare con la vetrofusione. Poi ci portiamo avanti sempre le murine che sarebbero tradizioni di famiglia. Mi domando, quando uno dice che questo non sembra di Murano, che cosa significa oggi? Cioè, cos’è Murano? Il cavallino oro? Murano secondo me adesso è altissima qualità, perché poi tante altre cose puoi trovarle in altre mille aziende. Ed è quello che abbiamo fatto, ci siamo tolti dalla serialità. Ma, con impegno e fatica, perché alzi l’asticella di molto: quando cominci a fare il custom o cosa, uno viene da te e si aspetta anche un lavoro di qualità, serietà, riservatezza e tutto quanto, che a volte c’è.
Davide Salvadore
Davide Salvadore esprime una visione amara ma determinata del lavoro a Murano. Per lui, il futuro dell’isola è incerto, ma possibile, a patto che si trovi un leader capace di guidare un rinascimento del vetro artistico.
Francesca: Cosa significa lavorare a Murano oggi?
Davide: Tutti mi dicono che ho fatto tanto per i miei figli. Che gli ho lasciato un lavoro fatto e finito. Io mi sento di avergli dato una condanna. Perché la vita che facciamo è orribile. Lavorare il vetro a Murano significa essere tartassati e sabotati continuamente. Dalla burocrazia, dagli stessi muranesi, dai venditori. Chi produce il vetro qui a Murano è massacrato dal mercato. Altro tema sono i macchinari che introducono per – in teoria – la salvaguardia dei lavoratori e l’eliminazione di tutti i minerari e ossidi naturali in quanto considerati nocivi. Questo implica che le composizioni del vetro cambiano, in peggio, rispetto a una volta.
Francesca: Perché voi piccoli produttori non riuscite, come Venini o Barovier, a staccarvi dal panorama turistico che predomina sul territorio muranese e rovina la percezione autentica dell’ artigianato di Murano?
Si entra in un campo che a mio avviso non tocca i termini pratici del lavorare a Murano, ma quanto più quelli artistici e qualitativi. E di vetro artistico di qualità ce n’è molto in giro per il mondo. E il vero problema è che a Murano non ci sono più artisti come Pino Signoretto. E da qui sorge il tema di quello che è per me l’arte, quello che io considero arte. Per me un maestro deve avere delle qualità e capacità già scritte. Dopodiché avviene la divisione tra maestri e artisti. Per me l’artista deve saper fare quello a cui pensa. E credo che a Murano ci sia spazio sia per gli artisti che per i designer. L’importante è assumere consapevolezza sulle proprie abilità in qualità di artigiani e lavorati del vetro.
Francesca: Come vedi il futuro di Murano? Una visione ottimista
Il mercato del vetro è sempre stato altalenante. Secoli fa le fornaci funzionavano a stagioni, e nelle stagioni morte i vetrai facevano altri lavori. C’erano periodi di ricchezza e periodi di fame vera. Con Salviati, nel 1800, dopo un momento di crisi, il mondo del vetro è stato stravolto in positivo. Ecco, la mia speranza è che con ciclicità Murano torni agli albori e che i muranesi tornino ad avere voglia. L’unico modo però, per far sì che i giovani vedano in Murano una luce e non un luogo da cui scappare, è avere una guida da seguire che trasmetta fiducia. Manca un leader, come può essere Chihuly negli Stati Uniti.
Francesca: Mi chiedo se Murano non possa tornare ad essere un’isola in cui si produca su ampia scala…
Pensa che la società conterie era una fornace con 1800 operai. Forni incredibili. Producevano tubi per fare neon e palline di vetro particolare per assorbire le scorie nucleari. Hanno chiuso perché chiaramente la Cina ha surclassato il mercato “industriale” italiano e appunto muranese. Per tornare a fare una produzione semi di massa e di qualità, servirebbe forse, come dicevo prima, un leader. Sarebbe bello. Non si produce quasi più nulla a Venezia ed è quello che le dà vita.
Foto @ Lucrezia Ceselin.
Interviste di Francesca Torsello +Fragile.