La Biennale 2023 è “Il Laboratorio del Futuro”: una bottega artigiana di idee che ci aiutano a ridefinire il futuro in una visione giovane e di coesione
La Biennale di Venezia è un vitale laboratorio contemporaneo, spazio di dialogo e di discussione su come le Arti definiscono l’attualità e il futuro. Conclusa la 59. Biennale Arte a cura di Cecilia Alemani, i lavori sono già partiti per la prossima edizione della 18. Mostra Internazionale di Architettura – apertura dal 20 maggio al 26 novembre 2023, pre-opening 18 e 19 maggio, diretta da Lesley Lokko – dal titolo, più che mai affine a Venezia, Il Laboratorio del Futuro.
La 18. Mostra Internazionale di Architettura presenta, come di consueto, le partecipazioni nazionali con mostre e incontri nei propri Padiglioni ai Giardini e all’Arsenale, oltre che in tutta Venezia, e molti eventi collaterali proposti da enti e istituzioni internazionali.
La curatrice spiega il suo titolo
“L’Africa è il laboratorio del futuro. – spiega Lesley Lokko – Siamo il continente più giovane del mondo, con un’età media pari alla metà di quella dell’Europa e degli Stati Uniti, e di un decennio più giovane dell’Asia. Siamo il continente con il più rapido tasso di urbanizzazione al mondo, con una crescita di quasi il 4% annuo. Questa crescita rapida e in gran parte non pianificata avviene generalmente a spese dell’ambiente e degli ecosistemi locali, il che ci pone di fronte al cambiamento climatico sia a livello regionale che planetario.
In dettaglio Lokko racconta: “Oggi la parola “laboratorio” è più generalmente associata alla sperimentazione scientifica ed evoca immagini di un certo tipo di stanza o edificio. Ma l’analisi di Richard Sennett del termine “workshop” (inteso come bottega artigiana n.d.t), che ha la stessa radice etimologica di lavoro della parola “laboratorio”, approfondisce in un’ottica differente il concetto di collaborazione.
Nel mondo antico, sia in Cina che in Grecia, la bottega artigiana era l’istituzione più importante per la vita civile.
All’indomani della guerra civile americana, Booker T. Washington, un ex schiavo, elaborò un progetto in cui gli schiavi liberati e reduci dalla schiavitù avrebbero lasciato la loro casa, si sarebbero formati presso due istituti modello, l’Hampton e il Tuskegee Institutes, per poi tornare alle loro comunità di origine. È importante notare che durante questo trasferimento temporaneo la cooperazione sarebbe stata forgiata dall’esperienza diretta e dal contatto quotidiano con gli altri, da pari a pari.
Pensiamo alla mostra come a una sorta di bottega artigiana, un laboratorio in cui architetti e professionisti provenienti da un ampio campo di discipline creative tracciano un percorso fatto di esempi tratti dalle loro attività contemporanee che il pubblico, composto da partecipanti e visitatori, potrà percorrere immaginando da sé cosa può riservare il futuro.”
Il centro periferico parte dall’Africa
“Il mondo è sempre stato attraversato da incomprensioni culturali: sin all’inizio del ventesimo secolo l’Europa giudicava barbara e incomprensibile l’arte africana, e c’è voluta la provocazione delle avanguardie artistiche per obbligare gli europei a guardare con occhi diversi una maschera Bantù: che cosa fossero le statue dell’Isola di Pasqua lo sapevano solo le élite colte: la gente comune in Europa, e forse in Cina, giudicava deliranti e impudiche, quando gli capitava di vederne una foto, le sculture erotiche sui templi indiani: i cristiani si scandalizzavano perché i seguaci di altre religioni rappresentavano una loro divinità in forma di animale, dimenticando che l’Occidente cristiano ha per secoli rappresentato la terza persona della Santissima Trinità in forma di colomba.”
Collegandosi al Lectio Magistralis di Umberto Eco ai Ministri della Cultura durante l’inaugurazione di Expo Milano 2015, il Presidente Roberto Cicutto afferma: “C’è un luogo in cui tutte le questioni di equità, risorse, razza, speranza e paura convergono e si fondono. L’Africa. A livello antropologico, siamo tutti africani. E ciò che accade in Africa accade a tutti noi.”
Un’osservazione e analisi della realtà contemporanea che parte dal paradigma centro-periferia, dove dai margini si possono trovare nuovi nuclei e nuove prospettive.
È un tentativo di rilettura necessariamente non unidirezionale, l’opportunità di posizionarsi e osservare il tutto da un altro punto di vista, partire dalla parte della storia spesso messa in secondo piano e creare nuove ed ibride possibili identità personali e culturali, andare oltre all’appiattimento ed apparente equilibrio della globalizzazione ed esaltare la diversità, il non convenzionale per indagare circostanze inedite.
“La visione di una società moderna, diversificata e inclusiva è seducente e persuasiva – spiega la curatrice – ma finché rimane un’immagine, resta solo un miraggio. È necessario qualcosa di più di una rappresentazione e gli architetti, storicamente, sono attori chiave nel tradurre le immagini in realtà.”
Chi è Lesley Lokko
Il curriculum di Lokko spazia dagli studi di ebraico e arabo a Cambridge alla direzione dell’African Futures Institute di Accra in Ghana.
Fondamentale il ruolo della letteratura e scrittura, Lokko è fondatrice e direttrice del FOLIO – Journal of Contemporary African Architecture, nonché prolifica romanziera.
Nel 2004 ha pubblicato il suo primo romanzo Sundowners (Il mondo ai miei piedi, Mondadori), cui sono seguiti altri 11 titoli. Il suo ultimo The Lonely Hour uscirà nel 2024 con Pan Macmillan editore.
18. Biennale Architettura 2023
Dal 20 maggio al 26 novembre 2023 (pre-opening 18 e 19 maggio)
Il Laboratorio del Futuro
A cura di Lesley Lokko
Sito labiennale.org/it/architettura/2023
Hashtag ufficiali: #BiennaleArchitettura2023 #IlLaboratorioDelFuturo #TheLaboratoryOfTheFuture
Articolo di Lucia Pecoraro.
Foto di gentile concessione La Biennale di Venezia (Jacopo Salvi, Jackson Davis e Lesley Lokko).